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Normativa
LEGGE 431/98
La Riforma delle locazioni abitative
La legge 431 del 9 dicembre 1998 ha avviato una riforma organica del settore delle locazioni degli immobili destinati a uso abitativo, che ha l’obiettivo di incoraggiare le locazioni di appartamenti.La legge articolo per articolo
LEGGE 392/78
Locazione ad uso non abitativo
La durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non puo' essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attivita' appresso indicate industriali, commerciali e artigianali di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili.
Giurisprudenza
TERMINE DI GRAZIA
(NON SI APPLICA NELLE LOCAZIONI COMMERCIALI)
Nel regime ordinario delle locazioni urbane fissato dalla l. n. 392 del 1978, la disciplina di cui all'art. 55 relativa alla concessione di un termine per il pagamento dei canoni locatizi scaduti e per la sanatoria del relativo inadempimento non opera in tema di contratti aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo. Ed, infatti, il legislatore, nel dettare la disciplina della sanatoria in questione, non si è limitato a prevedere in genere che il conduttore convenuto per la risoluzione del contratto possa evitare tal effetto pagando, nell'ultimo termine consentitogli, tutto quanto da lui dovuto per canoni ed oneri ed accessori, ma ha limitato la portata della sua previsione al solo ambito delle ipotesi di inadempimento da morosità descritte e prese in considerazione dall'art. 5 della stessa legge, di tal che è la stessa disposizione di cui all'art. 55 – la quale risulta inclusa tra quelle di natura processuale, le quali, di per sè, non sono idonee a dilatare l'ambito di applicazione di una norma di natura sostanziale – a delineare la limitazione del suo ambito di applicazione alle sole locazioni abitative.Così la Cass. civ. Sez. Unite, 28-04-1999, n. 272 e tutte le successive altre sentenze della Suprema Corte.
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LA PROCEDURA DI SFRATTO
Locazione abitativa e non - Licenza per finita locazione e sfratto per morosità
“Esecuzione forzata di obbligo di rilascio di immobile” questa è la definizione tecnica dell’istituto giudiziario comunemente conosciuto come “sfratto” (o sloggio), avvenimento inconsciamente assai temuto da ogni persona comune, quasi che ciascuno metta in conto un giorno di non rispettare la legge, e di non pagare regolarmente il canone di locazione dell’abitazione o attività economica, oppure di non poter riconsegnare, alla scadenza legale del contratto, l’immobile occupato al proprietario, considerato sovente come “il ricco benestante senza scrupoli” e non anche come un normale cittadino, a sua volta in forte difficoltà per non poter contare sul canone non pagato da mesi (o anni ), oppure per non poter rientrare nella disponibilità del suo immobile nel termine previsto.In realtà l’esperienza quotidiana dimostra come, spesso, l’istituto è tanto “sconosciuto”, quanto di frequentissima applicazione in quest’ultimo anno, soprattutto nell’ipotesi di “sfratto per morosità” su cui mi soffermerò in particolare, a riprova, ce ne fosse ancora bisogno, della grave crisi congiunturale in cui versa il nostro sistema economico e sociale.Il diffusissimo fenomeno della locazione di immobili, infatti, implica, come naturale reazione all’inadempimento da parte dell’inquilino (dovuto principalmente al mancato pagamento del canone, oppure alla scadenza del contratto senza che il “conduttore” se ne sia andato spontaneamente), che l’ordinamento giuridico preveda una particolare forma di “esecuzione forzata in forma specifica”, tutela che realizza “l’esatta e specifica attuazione della prestazione” richiesta dal procedente. Nel primo caso (morosità), il “provvedimento di rilascio” può essere richiesto in ogni momento, nel secondo (finita locazione), il provvedimento può essere richiesto solo dopo la scadenza del contratto.
Infatti, come per ogni forma di esecuzione forzata, per agire è necessario un “titolo esecutivo”, che si ottiene al termine di una procedura particolare, la “convalida di sfratto”, tradizionalmente definita come “sommaria” e con “prevalente funzione esecutiva”, dove cioè la sommarietà è dovuta alla possibile (in effetti molto frequente), passività dell’inquilino/convenuto, che, sia pur ritualmente citato davanti al Giudice, non si presenta, e dalla “incompletezza della cognizione” (nel senso che le verifiche circa la veridicità dei fatti affermati dalle parti presenti, riguardo morosità o scadenza del contratto, non sono particolarmente approfondite, considerata l’evidenza che possono avere queste circostanze. La “prevalente funzione esecutiva” è data dal fatto che con questa procedura si mira ad ottenere al più presto un titolo esecutivo.In udienza possono verificarsi varie situazioni. Può accadere che l'intimato non compaia, oppure compaia ma non si opponga alla convalida. In tale situazione il procedimento si avvia verso una brusca svolta conclusiva, per cui il giudice, con ordinanza, convalida la licenza o lo sfratto. Ancora può invece accadere che l'intimato compaia, e si opponga alla convalida. Nel caso di sfratto per morosità relativo ad un immobile ad uso di abitazione, il conduttore può chiedere al giudice, all'udienza fissata per la trattazione del procedimento, la concessione di un "termine di grazia" (in gergo) per sanare la morosità;in questo caso, se l'inquilino provvede al pagamento dei canoni arretrati e delle spese nel termine (non superiore a 90 giorni “dinanzi a comprovate condizioni di difficoltà del conduttore”), assegnato dal Giudice, il rapporto locativo prosegue regolarmente sino alla sua naturale scadenza mentre, in caso contrario, alla successiva udienza lo sfratto verrà convalidato e sarà, quindi, ordinato al conduttore di rilasciare l'immobile. L’art.56 della L.27/07/1978, n.392 “Disciplina delle locazioni di immobili urbani”, stabilisce:“(Modalità per il rilascio). Col provvedimento che dispone il rilascio, il giudice, tenuto conto delle condizioni del conduttore e del locatore e delle ragioni per le quali viene disposto il rilascio stesso … fissa la data dell’esecuzione entro il termine massimo di mesi sei ovvero, in casi eccezionali, di mesi dodici dalla data del provvedimento…”;in realtà la fissazione di questa data da parte del Giudice, va letta nel senso di una “esecuzione spontanea” da parte dell’inquilino, il quale ha ancora la possibilità di “rispettare volontariamente” l’ordine del Giudice e di evitare “il trauma” dello sloggio forzato. Infatti, la norma continua prevedendo: “Trascorsa inutilmente la data fissata, il locatore promuove l’esecuzione ai sensi degli artt. 605 e seguenti del codice di procedura civile”.A questo punto, si è giunti alla fase finale, quella della esecuzione materiale, a cui il proprietario/locatore è “costretto” vista la “resistenza” dell’occupante, che non rilascia l’immobile libero da persone e cose di sua proprietà, nemmeno dopo la “notificazione” del titolo, e del PRECETTO, atto quest’ultimo con cui il proprietario intima formalmente l’inquilino ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine (non minore) di dieci giorni. Alla scadenza di questo termine, il proprietario, personalmente o tramite il proprio avvocato, consegnerà all’Ufficiale Giudiziario (Ufficio Notificazioni Esecuzioni e Protesti), titolo e precetto notificati, con richiesta di esecuzione.A questo punto l’Ufficiale competente “inizierà” l’esecuzione (entro 90 giorni dalla notificazione del precetto-art.481 C.P.C.), notificando, ad ulteriore garanzia di possibilità di abbandono spontaneo, un AVVISO con il quale “comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l’immobile, il giorno e l’ora in cui procederà” (art. 608 C.P.C).“Nel giorno e nell’ora stabiliti, l’Ufficiale Giudiziario, munito del titolo esecutivo e del precetto, si reca sul luogo dell’esecuzione e, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall’art. 513, immette la parte istante o una persona da lei designata nel possesso dell’immobile, del quale le consegna le chiavi, ingiungendo agli eventuali detentori di riconoscere il nuovo possessore” (art.608 2°comma C.P.C.).Dunque si può dire che lo sfratto, nella sua essenza, consiste in un atto formale di “immissione in possesso” (restituzione del possesso “esclusivo” dell’immobile), attraverso l’atto sostanziale della riconsegna delle chiavi (o sostituzione della serratura della porta d’ingresso), e una contestuale ingiunzione agli eventuali presenti di riconoscere il nuovo titolare del legittimo possesso.Anche in questa fase, i casi possono essere i più diversi.Quando nell’immobile l’U.G. trova lo sfrattando o altra persona convivente, il primo invito formale è quello della consegna delle chiavi e, a seconda dei casi, a trasportare altrove tutti i mobili estranei all’esecuzione, a non lasciare nell’immobile danaro o altre cose di valore. Se lo sfrattando non oppone resistenza e consegna spontaneamente le chiavi, l’U.G. procede all’immissione in possesso, in caso contrario fa intervenire la Forza Pubblica.Qualora nel luogo di esecuzione viene rinvenuto un terzo che afferma di essere il legittimo detentore, e contesta il fatto di non aver ricevuto la notificazione degli atti, l’Ufficiale Giudiziario è tenuto a procedere ugualmente. Qualora nel luogo di esecuzione nessuno è presente per lo sfrattando e l’U.G. trova la porta d’ingresso chiusa, la legge lo autorizza a procedere all’apertura forzata in quanto la presenza dell’esecutato, al quale sia stato regolarmente notificato l’avviso di rilascio, non costituisce condizione necessaria per l’immissione in possesso della parte istante.Capita di frequente che durante le operazioni di sfratto, l’esecutato esibisca certificato medico, chiedendo un rinvio dell’esecuzione per l’impossibilità di uscire causa “motivi di salute”.A questo punto l’Ufficiale Giudiziario ha il potere di accertare la veridicità della dichiarazione dell’esecutato, senza necessità di ricorrere all’ausilio del Giudice dell’esecuzione. L’articolo 68 C.P.C. prevede, infatti, che l’Ufficiale Giudiziario “…si può fare assistere da esperti in una determinata arte o professione e, in generale, da persona idonea al compimento di atti che non è in grado di compiere da sé solo”. Il medico, scelto dall’U.G., in queste circostanze deve attestare, assumendosene la responsabilità, che il paziente è in grado “con i suoi mezzi” di abbandonare l’immobile.Situazione molto delicata consiste nella presenza di minori in sede di esecuzione, specialmente quando questi ultimi vengono “usati” come un mezzo per evitare o rinviare lo sfratto. In tali situazioni è doveroso per l’Ufficiale richiedere l’intervento dei Servizi Sociali competenti, o nei casi più gravi richiedere l’intervento del Giudice Tutelare, anche attraverso gli Agenti della Forza Pubblica.Un aspetto di grande difficoltà di questo tipo di procedura riguarda i beni (o semplicemente oggetti ed effetti personali), di proprietà dell’occupante sfrattato, che questi non asporta immediatamente, per i quali l’articolo 609 del Codice di Procedura Civile prevede che: “(Provvedimenti circa i mobili estranei all’esecuzione). Se nell’immobile si trovano cose mobili appartenenti alla parte tenuta al rilascio e che non debbono essere consegnate, l’ufficiale giudiziario, se la stessa parte non le asporta immediatamente, può disporne la custodia sul posto anche a cura della parte istante, se consente di custodirle, o il trasporto in altro luogo”. I proprietari/immessi in possesso (e il loro avvocati), sono sempre molto restii ad assumersi la custodia dei beni della parte tenuta al rilascio, la quale con questo comportamento (spesso voluto) priva della piena disponibilità del locale, il proprietario. Inoltre, pur non esistendo nessuna previsione normativa in merito alla necessità di redigere inventario dei beni presenti nell’immobile, è del tutto implicito che, nel momento in cui l’U.G. affida i mobili ad un custode, con la conseguenza che quest’ultimo è tenuto, nei confronti dell’esecutato, alla restituzione dei mobili affidatigli con la correlativa responsabilità in caso di inadempimento, l’inventario è d’obbligo. L’inventario, redatto dal Pubblico Ufficiale, garantisce l’esecutato che i mobili, per i quali è tenuto al ritiro nei giorni successivi, corrispondono esattamente a quelli lasciati in custodia dall’U.G., e tutela il proprietario/custode al fine di evitare contestazioni su presunte appropriazioni indebite.Per quanto riguarda i tempi di realizzazione di questo complesso procedimento, risulta pressoché impossibile indicare un periodo preciso di tempo entro cui il proprietario rientra, effettivamente, nel possesso dell’immobile, dipendendo ciò da numerose variabili come le modalità e il tempo necessario per il perfezionamento delle notifiche degli atti nelle varie fasi, la prassi di ogni singolo Tribunale (o discrezionalità del Giudice) nel valutare le condizioni di inquilino e proprietario e nel concedere i termini all’occupante per rilascio o pagamento, ma anche la preparazione tecnica ed esperienza del proprio avvocato, a conoscenza o meno degli accorgimenti più efficaci per velocizzare l’iter, e, infine la fase propriamente esecutiva gestita dall’Ufficiale Giudiziario, la cui durata dipende dalle difficoltà incontrate e dal supporto ricevuto da altri soggetti come Forza Pubblica, Servizi sociali, fabbro, medico, custode ecc.;occorre, inoltre, considerare i provvedimenti legislativi di “blocco degli sfratti”, con cui l’Autorità statale affronta la grave, annosa, emergenza abitativa, appunto periodicamente “congelando” le procedure di sfratto per periodi di tempo determinati, in Comuni precisamente elencati e interessati da particolari situazioni di disagio abitativo, per specifiche categorie sociali con specifiche caratteristiche di reddito, di età e di condizioni fisiche o famigliari; è utile specificare che tali ipotesi riguardano soltanto il caso di “finita locazione”, mai potendo lo Stato “approvare con Legge” la permanenza in un immobile e la contemporanea “morosità”.E’ interessante aggiungere che la Corte di Cassazione con Sentenza 18/6-26/7 2002, n. 11046, ha sancito il principio che la Legge 89/2001 (Legge “Pinto”), in materia di diritto all’equa riparazione in caso di eccessiva lunghezza dei procedimenti giurisdizionali, è applicabile anche alle esecuzioni di rilascio di immobili urbani[24].“Da un punto di vista sociale, il dramma dello sfratto non è solo disperazione di chi deve abbandonare la propria casa, ma è anche esasperazione di chi chiede tutela allo Stato per salvaguardare un diritto costituzionalmente protetto come il diritto di proprietà. In questo contesto l’Ufficiale Giudiziario ha un ruolo fondamentale: è arbitro in situazioni delicate. Egli infatti da una parte deve tutelare un diritto del proprietario ad essere immesso nel possesso e dall’altra deve affrontare nel migliore dei modi situazioni che riguardano lo sfrattando, al fine di evitare un dramma nel dramma”. I provvedimenti “operativi” che l’Ufficiale sarà chiamato ad attuare (e di cui dovrà ovviamente assumersi la responsabilità, sempre soggetta al “controllo” del proprietario), vanno dal “rinvio” delle operazioni di sloggio (che l’esperienza pratica insegna essere tanto più efficace quanto più breve nel tempo, per quella sorta di “inerzia” che assale lo “sfrattando” nel predisporre la propria uscita in assenza di altra soluzione abitativa, quando tale momento è troppo distanziato), nei casi più delicati con presenza di persone anziane o minori in tenera età, al mantenimento di un atteggiamento fermo ed intransigente, che riporti a miti consigli l’occupante e lo induca ad uscire “pacificamente” (spesso con la presenza “convincente” degli agenti della Forza pubblica), fino al ricorso al Giudice dell’Esecuzione, esperibile da ciascuna parte in caso di “difficoltà indilazionabili”, dove sarà il Magistrato a dettare la soluzione più idonea …